«“Disgrazie” simili a quella di Tano capitano spesso a chi cerca in qualche modo di mettersi in proprio, organizzando diversamente la raccolta e il trasporto dei frutti. Ma, innanzitutto, sono precedute da avvertimenti che nel caso loro erano mancati, e poi riguardano sempre pesci molto più grossi, proprietari di decine e decine di ettari di aranceti.
Alla loro famiglia nessuno aveva mai chiesto nulla. Le poche arance prodotte e raccolte dalla loro azienda venivano trasportate con il furgone del figlio grande di Tano direttamente fino a Bologna nei magazzini del signor Soleri, grossista della Coop per l’Emilia Romagna, cugino alla lontana di Ada.
Per quanto Tonino ne sapesse, nessuno li aveva vessati con ri­chieste di pizzo. Eppure, come suo padre, nella morte dello zio aveva sempre visto qualcosa di storto …».

Olimpia Pantò nasce nel 1967 da Lucia Avellino. Dopo aver compiuto gli studi classici scelti per assecondare l’istintiva propensione per le materie letterarie, opta per la facoltà di giurisprudenza temendo che la passione per i libri possa diventare una ” forbice” capace di tagliarla fuori dalla vita reale. Ma i grandi amori ritornano: completato il proprio percorso lavorativo, che la vede da 16 anni impiegata presso il Tribunale di Ca­tania e quello personale che l’ha resa madre di tre figli, l’attitudine mai sopita alla lettura si trasforma in voglia di raccontare. Da qui nascono vari racconti e romanzi. Terrarancia è il primo ad essere pubblicato.

In copertina:
Paolo Barone, Natura morta con arance, foto, proprietà del Comune di Palagonia