La consapevole scelta del dialetto per la valorizzazione delle in­trinseche risorse comiche, l’intonazione popolare (o popolareggiante) il consueto uso pluricorde della favola e del sonetto in apparente frammentarietà con spunti dalla cronaca per lo più locale per sollecitare alla riflessione sulla condizione umana, il bonario moralismo at­tenuato dal gusto del divertimento assicurano una gradevole lettura, nonostante la veste vernacolare che, pur ricca di forme lessica­li e sintattiche idiomatiche di un patrimonio linguistico da salvaguardare, e ormai negli odierni parlanti attenuato dagli influssi della lingua nazionale.

Pietro Saccà (Messina 1928), C.I. a riposo, vive a Messina, dove al­terna l’interesse alla storia letteraria classica con la rivisitazione del patrio dialetto usato per trattare temi di satira del costume.
Ha già pubblicato:
Evemero da Messina, Ferrara, Messina 1963 (Premio Vittorini 1986);
Favole nostre, Pungitopo, Patti 1993;
Romeide, Intilla, Messina 1996 (Premio Vittorini 1997);
Favole nuove, Armando Siciliano, Messina 1998;
Agneddi e lupi, Armando Siciliano, Messina 2001;
Cose nostre, Armando Siciliano, Messina 2003.

In copertina
Rosario Vesco, Parlando di donne, 83×83, 2001.